In salita e in discesa, in bici e non solo...

Due giorni sopra Forni – MTB version
Sabato, 26 giugno 2021
Il weekend scialpinistico di inizio marzo ha lasciato un bellissimo ricordo ai suoi partecipanti (trovate qui il resoconto) e ha dato spunto per una duegiorni estiva in mtb.
Ciò che si prospetta è un tour molto vario e panoramico ma anche parecchio impegnativo dal punto di vista fisico. Le adesioni non sono molte e all’avvicinarsi del sabato le defezioni aumentano.
Willy ad inizio weekend si fa una domanda, Willy a fine weekend si dà una risposta.
I mezzi a due ruote necessitano di massima efficienza; Bussola, Cinci ed Icefoot sono passati in settimana dal meccanico, ma solo quest’ultimo avrà la fortuna di pedalare la propria bici.
Cinci avrà l’onore di collaudare la Strive di Medioman, rullo in discesa, “diversamente agile” in salita.
Bussola… è Bussola! Dopo che il Prof gli ha completamente smontata e rimontata la sua Cube rendendola un gioiellino, il nostro Tafazzi interviene con un personale upgrade dell’ultimo minuto rendendo vane ore e ore di lavoro!!
La ricerca di una bici sostitutiva porta a questo risultato.

Spargel e Vaivai come sempre pronti ed efficienti, Ucio invece si annoia ad aspettare i ciclisti a sudore, anche in questa occasione decide quindi di usare la sua e-bike a scatto fisso.
Partenza e subito rampone in salita verso il borgo di Chianeit per prendere la forestale che ci porterà verso Som Picol.
Attraversiamo luoghi solcati sulla neve questo inverno in scialpinistica, fino al bivio verso Varmost la parte è comune, poi cambia per ricongiungersi alla traccia invernale nella parte pomeridiana del giro.


L’obiettivo è raggiungere la partenza della linea “Saiuc”, traccia rossa da enduro del rinnovato bike park di Forni. Il percorso è filante e divertente, grosse radici da scavalcare, nessun passaggio particolarmente ostico anche grazie al terreno perfettamente grippante.
Ci lanciamo giù solamente in tre, per poi ricompattarci tramite seggiovia al resto del gruppo.


Dopo la divagazione discesistica ricomincia il tour programmato.
1600 metri di salita lineare per raggiungere i 1750 m di malga Varmost con una pendenza media del 20% scarso. Potremmo prendere la seggiovia Varmost 2, potremmo… ma anche se recentemente contaminati, non siamo ancora pronti ad essere biker solo da seggiovia.
Così mentre qualcuno aspetta, qualcun altro spinge.


Dopo esserci informati presso la fortunatamente aperta malga Varmost sulla possibilità di banchettare a pranzo, si continua come da copione programmato. Un filante sentiero in bosco dalle minime pendenze taglia il versante occidentale del Monte Simone regalando fantastici scorci verso le Dolomiti e portandoci a raggiungere l’isolata malga Lavazeit.

Ci meritiamo una piacevole sosta in questo bivacco isolato, frequentato da più di qualche escursionista. Le ardite ambizioni di Icefoot vengono saggiamente stroncate, da lui compreso. Viene quindi archiviata l’idea di salire in modalità portage verso sella Tartoi.
Facciamo dietrofront nella direzione dalla quale siamo venuti, le ruote ora scorrono veloci in leggera discesa.


La malga Varmost è gestita da una simpatica e disponibile ragazza che ci delizia con salame e formaggi spettacolari di propria produzione. Birra e vino non fanno parte del menù ma insistendo con gentilezza, riusciamo a far saltare fuori una bottiglia di ribolla pronta ad appagare la nostra sete di beato straniamento.



La terza malga però ci aspetta, bisogna scegliere come raggiungerla analizzando due opzioni:
- sentiero che parte dalla quota attuale però particolarmente esposto, soggetto a frane, sburtan bike in salita, in discesa e sul dritto con vari avvistamenti di orsi, serpenti a sonagli e tigri del Bengala;
- mulattiera che parte da quota di circa 100 metri più sotto, probabilmente tutta ciclabile, che ci costringerebbe ad una costante salitina in sicurezza
Citando Zar, il noto filosofo, “alea iacta est”.



Usando attenzione e senza voler strafare risulterà essere un collegamento divertente, con tratti comunque pedalabili alternati a passaggi a piedi in sicurezza.
La conca che ospita malga Tartoi è veramente spettacolare, incastonata tra il monte Piova e il monte Tiarfin.



Però come sospettavamo è desolatamente chiusa e vuota, siamo in anticipo di una settimana rispetto alla data di apertura. Scateniamo allora le nostre fantasie interpretative di vita vissuta.



La malga di arrivo (parziale) di giornata è la casera/rifugio Tragonia. Potremmo abbozzare un pezzo di sentiero fino al bivio verso la valle, decidiamo però di scendere per una piu tranquilla strada forestale.


Alle deviazione calcoliamo ancora mezz’ora abbondante di pedalata in costante salita. Delle due frane/slavine solcate a marzo con gli sci non c’è più traccia.
Il colpo d’occhio da cartolina appaga gli sguardi dei bikers che arrivano alla spicciolata.

Daniele, gestore della malga Tragonia, è una persona piacevolissima che trasuda serenità. Non batte ciglio quando comunichiamo che ci fermeremo solamente in quattro. Spargel ha dimenticato di portare il sacco lenzuolo, ma non è ovviamente questo che gli fa decidere di tornare indietro con Ucio e Vaivai e quindi di saltare il proseguio della due giorni.
Dopo un giro di reintegro liquidi e di crostata della casa è venuto il tempo di salutarsi. Il trio che ci abbandona scompare lontano all’orizzonte, per un altro trio scatta l’ora delle avventure del tardo pomeriggio.

Nella direzione opposta a quella di arrivo si nasconde, sotto le pendici del Col di San Giacomo, la forcella Risumiela o forcella della Croce di Tragonia o forcella Beatrice. Tre nomi, tre temerari che partono alla sua conquista: Icefoot propone, Bussola accetta, Cinci cincischia, Willy rifiuta.
Pochi metri dopo la partenza Icefoot segue i bolli sbagliati, Cinci prova a farglielo notare, il capogita glissa, Bussola accetta. Da lontano Daniele il gestore fa notare a Willy che i suoi tre amici stanno andando in tutt’altra direzione, stanno sbagliando forcella. Willy, già al terzo calicetto di rosso, è salomonico e lapidario: “una forcella vale l’altra, Fox o RockShox per me pari sono”.
Dopo circa venti minuti di guadi, roccette da scavalcare, zero pedalare, il leggerissimo sospetto di aver sbagliato direzione viene confermato da Bussola che onora il suo nome e spalleggia Cinci.
E’ l’occasione per un fuori programma che non scalfisce l’umore del trio.



Ritrovata la traccia giusta è come ricominciare da capo. Bussola e Cinci non esitano ad abbandonare le bici (tanto non sono mica loro) lungo il sentiero per agevolarsi la risalita, solo una arriverà a destinazione finale.

E come in inverno, la gioia è incontenibile per non aver mollato il colpo, la bellezza della forcella Risumiela e di tutto ciò che la circonda non ha prezzo!




E l’essere arrivati qui vale doppio. Oltre il panorama c’è la goduria e l’adrenalina della discesa: il sentiero duro da domare in salita a piedi diventa libidine di tecnica e di equilibrio in bici verso il basso… Willyyyy! Arriviamo!!


Ora di cena, in tutta Italia sale la tensione per la imminente partita degli Europei contro l’Austria.
A Malga Tragonia succede lo stesso. Il duo austriaco Eisfuss und Kompass sfida gli italiani Pizza e Mandolino in una epica partita a briscola che dopo il 3 a 3 dei tempi regolamentari finisce allo spareggio. La classica furbizia italionica mette in un dubbio fuorigioco l’elegante duo austriaco strappando così il punto decisivo. L’arbitro di Strasburgo, Jean Baptiste Scagot, chiude un occhio e riparte zaino in spalla verso altri lidi.
Quattro MIB vanno a dormire, domani ci sarà da soffrire.
Domenica, 27 giugno 2021
Superata di poco la mezzanotte si scatena un violentissimo temporale. Lampi illuminano la camerata mansardata, tuoni fanno vibrare le pareti. Pioggia forte ed insistente e grandine completano uno scenario affascinante. Quando la mattina dopo Icefoot chiede ai compagni chi avesse avuto paura del finimondo della notte precedente, Bussola e Willy alzano la mano senza vergogna.

Durante il briefing a colazione bisogna decidere se scendere a Forni lungo il sentiero 209 o il 223. Il compromesso viene trovato decidendo di iniziare con il primo e finire con il secondo.
Prima della partenza classiche foto ricordo.


Salutato rifugio e gestore tagliamo subito i prati per attraversare un ponticello di legno.

La prima parte nel bosco di faggio è veramente bella e filante. Cinci inizia a lottare con i suoi fantasmi dell’esposizione a destra, leit motive che lo perseguiterà per tutto il giorno. Fino alla rinnovata casera d’Aip nessun ostacolo e tanto divertimento.

Anche quando ci si ferma per rifiatare o controllare, qualcuno cerca di mantenere sempre vivo il massimo godimento.

Per collegarci alla traccia più bassa dobbiamo fare riferimento ad una grande casa abbandonata. Non sarà facile, quattro segugi tastano il terreno palmo a palmo, l’investigatore con il loden avrà il privilegio di indicare la retta via. Che poi tanto retta non è fiondandosi verticalmente giù per il bosco.

Altri manufatti abbandonati segnano il punto di collegamento tra i due sentieri. Che il 223 abbia inizio.

La parte finale che ci fionda a Forni è un alternanza di traccia veloce in sottobosco e parti estremamente tecniche da prendere con le molle ma non troppo lentamente. E’ reale il rischio di impiantarsi, non certo per Bussola, che con la sua nuova schiacciasassi motorizzata procede con estrema disinvoltura. Cinci si gode la discesa con la Strive ma è terrorizzato al pensiero che di lì a breve dovrà scorazzare quel carrarmato nelle terribili pendenze verso il Giaf.
Abbiamo fatto un dislivello negativo di 900 metri, da Tragonia a Forni, impegnativo ma bellissimo.
Dopo una rapida passerella per il centro del paese ci spostiamo in direzione Ovest, la temuta risalita del Giaf, di defaticante memoria, ci aspetta minacciosa.
Dopo aver costeggiato il Tagliamento, in leggera salita si arriva nei pressi del parcheggio per il rifugio, da dove piu avanti parte anche il sentiero per gli escursionisti a piedi. Le rampe non lasciano mai un attimo di tregua, alternando ghiaino a ciotolato, mettendo a dura prova cuore e gambe dei MIB. Con la scusa di andare a “ciapar posto” l’elettrico scompare all’orizzonte. Icefoot sfrutta la rigidità del suo carro ricuscinettato per guidare il terzetto a trazione umana, Willy non molla mai e come sulle rampe del Varmost adotta la tecnica zig-zag, Cinci paga geometria di bici non proprio da scalatrice.
La vista del rifugio apre il cuore, boccali di birra aprono l’immaginazione.

PS: non abbiamo scattato neanche una foto nei pressi del rifugio Giaf. Quella sopra è un’immagine d’archivio della nostra spedizione del 2015.
Con la pancia piena e le gambe cariche di dislivello si riparte per la traversata che conduce al passo Mauria. La cartina dei sentieri di Forni la classifica “molto difficile, per esperti”, pane per i nostri denti.
Il sentiero 341 inizia con una discesa nel bosco da leccarsi i baffi, il successivo ghiaione esposto a destra fa alzare il livello di attenzione al massimo grado. La smorfia di Cinci che sembra un sorriso è in realtà una maschera di terrore.



Finito il tratto più pericoloso ci si rituffa nella vegetazione ancora in salita, gli scenari che si aprono dinanzi a noi sono splendidi.

E poi siamo di nuovo nel bosco. C’è una via di fuga per mtb che taglia verso valle, noi continuiamo con il 341 in una discesa supertecnica nella boscaglia ferita da diversi schianti, parzialmente in sella, parzialmente a piedi. Raggiungiamo cosi il primo ampio attraversamento di torrente, il torrente Fossiana.

Scrutando attentantamente dall’altra parte dell’alveo notiamo qualcosa di familiare: un bipede con una maglia arancione ed una bicicletta, che all’avvicinarsi risulterà essere una e-bike Mondraker.

E’ così che facciamo la conoscenza di Filippo, giovanissimo biker di 25 anni di Pavia di Udine. Il feeling è subito naturale: appassionato di montagna, escursionista, splitboarder, curioso di provare nuove esperienze. Ed è così che si riparte spingendo in salita, chi più chi meno, con formazione allargata.

La stanchezza comincia a farsi sentire. Willy è ammirevole in salita tecnica, con tigna furlana tiene testa sia al giovane che al vecchio elettrificato. Filippo è venuto in questa zona per provare la discesa Parsupagn, stiamo poco a convincerlo ad abbandonare i suoi propositi e a seguirci allungando il brodo fino al Mauria, con la promessa di un’altra discesa spettacolare.
Nel frattempo anche il secondo torrente viene guadato.

Dopo due ore molto impegnative e spettacolari, in un contesto affascinante, ci ricolleghiamo alla realtà conquistando il passo Mauria.

Manca l’ultimo tassello per chiudere il discorso. Ci inseriamo sul sentiero del Papa pedalando su comoda strada forestale. Siamo nella zona di confine con il Cadore, possibilità di futuri collegamenti ciclistici.


Ormai ci siamo. Non prima di una sana merenda, perchè Icefoot ha sempre fame, di cibo…

…e di tracce nuove.

Il tracciato Sessalas Tavarons è una lunga linea flow che si sviluppa nel bosco, senza particolari difficoltà. La linea fluente invita a correre, Filippo mena le danze, i MIB scorrono veloci dietro.
La fine della discesa coincide con la statale Forni-Mauria, la soddisfazione è palese nel sorriso di tutti, così come sarebbe la voglia di rifare un’altra adrenalinica discesa.

Il weekend in sella invece è al capolinea: gli impacci tecnici di inizio weekend sono già nel dimenticatoio. Resta il gusto della fatica finalizzata al divertimento, il gusto di condividere come sempre passione e cazzeggio, il gusto di continuare una tradizione consolidata di “duegiorni” grazie ad uno zoccolo duro che non molla. Si consolida la conferma di “Loden” Willy, stile vintage e grinta da vendere. Ci incuriosisce Filippo, abbiamo l’idea che il pomeriggio domenicale passato con i MIB non resterà un episodio isolato.
Ma soprattutto di questa duegiorni resterà il gusto di quel panino di crudo, cominciato a mangiare alle 10 di mattina, addentato l’ultimo boccone nel tardo pomeriggio. Era troppo buono per finirlo tutto subito…

Primo giorno
Secondo giorno
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