Rosandra exploration

26 aprile 2015

Oggi era prevista pioggia, ma di gocce neanche l’ombra.
L’idea di perlustrare una zona potenzialmente fangosa è andata a buon fine.
Alle 9, mi ritrovo da solo in ciclabile. Quasi tutti hanno già “performato” il giorno prima.
Senza l’ansia dei lamenti ed imprechi MIB (vedi reportage XXX), parto deciso all’esplorazione della valle del torrente Rosandra, già fallita in passato, iniziando da Draga Sant’Elia.
Armato di GPS e mappa Opencyclemap, imbocco con curiosità il sentiero che scende parallelo ed a valle della pista ciclabile a partire dalla fontana di Draga. Quanti di voi se ne erano accorti?
Dopo neanche 300 metri, sono già appagato. In un bosco ormai abbandonato, scopro un ponte in pietra arenaria a due arcate. La struttura è banale, vera architettura rurale, ma le pietre, lavorate a trave, sono imponenti. Un’arcata è però crollata. Il colore del ponte è di un verde intenso. Il muschio è spesso centimetri.

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La strada è già finita. Devo imventarmi una traccia in salita, seguendo il GPS, per arrivare ad una garitta di confine. Mesi fa, avevo già rinunciato proprio in quel posto. Ora i satelliti mi aiuteranno.
Ecco il sentiero tra l’erba… banale e chiaro.
Neanche altri 300 metri ed ecco un’altro regalo: una casita in pietra ristrutturata da poco (targa del 2013). Il tetto in pietra a piramide azteca è un capolavoro.

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La giornata inizia bene.
Il sentiero, invece, finisce subito. Il bosco incolto si è mangiato tutto.
Abbandono la bici e proseguo tra le frasche. Raggiungo un rio e del lavoro dell’uomo rimangono solo poche pietre, a formare un muro, accatastate di taglio. Un tipo di lavorazione rara dalle nostre parti.
Nuova sorpresa. Passo da un’impluvio all’altro, bagnati o secchi, anche con cascatelle importanti. Una traccia sale su un panettone.
Arrivo sulla collina sotto il castello di Vinchimberc (o Stransko Brdo???) e frontale, ma più basso, della grande curva della ciclabile tra l’ultima galleria e Draga Sant’Elia, all’altezza del Tabor di Draga (con i resti della Chiesa di Sv. Lovrenc). La voce dei ciclisti è amplificata in questo anfiteatro.
Torno indietro, riprendo la bici e per non perdere la giusta direzione ora seguo dei rametti che prima ho spezzato per segnare la giusta via.
Ed ecco la pista forestale che cercavo. E’ larga, ma bloccata da decine di tronchi caduti. La ripercorro, per oltre 1 chilometro, sempre a mezza costa ed alto sull’alveo del Rosandra.
Alcuni omini in pietra giganti meritano di essere fotografati.

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L’ambiente è surreale e spoporzionato. Tutto è gigantesco.
Trovo bivi non segnalati e mi riprometto di ritornare.
Il sentiero prosegue, fino ad una ripida discesa che mi porta in paradiso. L’ambiente è spettacolare e l’emozione è tanta. Il Rosandra è pieno d’acqua, il rumore è assordante, le pareti sono altissime, suddivise in gradoni di arenaria. Masegni cicloplici sono crollati in alveo e gli strati di marna orizzontale sono adiacenti a quelli inclinati a 45°. La storia della Valle è sintetizzata in questa visione.

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Ci vorrebbe un bel progetto europeo per valorizzare questo geo-trail.
Rischio di calpestare una salamandra pezzata gigante. Tempo di prendere il cellulare e lei si è già nascosta.

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Ma realizzo che la mia mappa non batte. O almeno l’alveo non è percorribile ed ispezionabile a causa della tanta acqua. Dovrebbe esserci un sentiero che segue il torrente verso valle, ma non lo vedo. Solo pareti verticali altissime ed in frana.
E camminare con le scarpe e tacchette non è banale.
Ma 50 metri a monte, ecco dei paletti numerati gialli… Trovo un tornante sommerso dalle foglie secche ed un sentiero non segnato in mappa.
Inizia lo sburtan-bike. L’avevo messo in conto. Risalgo per oltre mezz’ora, verso Beka, segnando con waypoint tutti i bivi che incontro, ovviamente non cartografati. I MIB volontari si facciano avanti per nuove esplorazioni.
L’arrivo verso la civiltà si presenta sotto forma di camminata verso il cielo, tra pascoli perfetti ed il rumore del vento.
Prima dell’amata Beka, il cartello dell’ospedale partigiano mi fa mettere nell’agenda la prossima avventura.

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Il sentiero dell’amicizia è un rapido flow, con beffa finale, sul gradone malefico. Gli amici della Enduro 3Camini hanno detto di prenderlo a sinistra… credo intendessero quando non è umido e viscido. Nulla di grave, solo una penalità per piede a terra, ma mi ha guastato la festa.
Da Bottazzo alla ciclabile, la solita ansimata. Poi, il tratto più difficile di tutta la mattinata: lo slalom tra i gitanti della domenica!
Ho fatto conoscenza di 11 (+1) zecche, ma loro non lo racconteranno a nessuno.



Tutte le foto di questa uscita le trovate nel nostro album su Google Foto

10 commenti

  1. Congratulazioni per il resoconto e le immagini dell’avventura! E’ un territorio che ho cominciato a esplorare da poco, quella che definirei la parte notturna e onirica della Val Rosandra (o, per essere più corretti, del bacino del torrente)… la foto con l’evidenza stratigrafica delle pareti sull’alveo mi soggioga come un richiamo ancestrale… ti posso chiedere in quale punto del tracciato l’hai presa? Ripercorrendo la narrazione, dovrebbe trovarsi subito prima della risalita, dove hai dovuto rinvenire un sentiero non segnato ‘in mappa’, che presumo sia quella tradizionale della Tabacco con il Carso triestino goriziano e sloveno, giusto?

  2. Ho riletto il racconto con gran piacere. Sono passati 3 anni ma ricordo ogni singolo metro. Se segui la traccia GPX, il muro di “lego” è nel tratto in controcorrente, lungo l’alveo.
    All’epoca, non erano ancora stati tracciati i percorsi da enduro “Furfanti” e “Briganti”, che trovi anche in Opencyclemap.org. Il mio percorso originario passava per la piazzola/incrocio in comune tra questi sentieri a metà percorso. Puoi arrivare a fondo alveo anche percorrendo la strada forestale che si stacca dalla ciclabile, dalla quale partono i due tracciati enduristici. Vedrai che lungo il fiume, manca il collegamento sentiero in sponda destra e sentiero in sponda sinistra. Lì trovi il tesoro.
    Occhio alle zecche ed alle salamandre in calore.

    • Grazie mille, prof, molto gentile e preciso. Ti chiedo un’ultima cosa, ossia se la strada forestale che mi hai suggerito come alternativa è percorribile avendo sempre la certezza di percorrerla o se, come capita in questa zona, bisogna in qualche modo tirare a indovinare… grazie anche degli avvertimenti zoologici, che non guastano… buon proseguimento e buone esplorazioni!

  3. Tutte le strade forestali in quella zona hanno vita effimera. Usate alcune, abbandonate altre. Approfitta del clima invernale, prima che la primavera esploda e le sepolga di verde. Un po’ di sassi sul sedime rallentano e rompono le scatole. Usa una mappa (o il gps) per le giuste deviazioni. Io uso Mytrails (per Android) con mappe OpenCycleMap scaricate (aggratis) in locale.

    • Ok, grazie! Ci sono stato oggi, luogo superiore alle migliori aspettative… quella forestale che parte dalla ciclabile, tra Mihele e la chiesa di s. Elia, per quanto ben presto fangosa, è nitidamente tracciata, anzi inequivocabile, peccato che sul più bello si interrompa di netto; per scendere al greto ho fatto slalom tra alberi e ripiani di roccia (spesso, anzi, ripiani di foglie). Il torrente è allo stato attuale piuttosto gagliardo, non sono riuscito a guadare, o per meglio dire non mi sono fidato, e rimando la risalita dalla sponda opposta a Beka a una prossima uscita, possibilmente siccitosa. La fanghiglia onnipresente ha guastato non poco il programma, però nell’insieme la soddisfazione è stata grande, speciale. Non si finisce MAI di imparare e scoprire… P. s. Qualche zecca, in effetti; niente salamandre, pazienza… in compenso, un cranio di capriolo tra l’erba.

  4. Rosandra Exploration, infatti…Il fango non manca mai, con questi tempi. E anche l’acqua sa fare il suo baccano….Sotto alcune pareti ripide, sembra di essere in centro America. E dimmi se non è avventura vera, quando sei SOLO in mezzo a questo turbinio di elementi…Bravo Paolo.

  5. Grazie! Confermo nel modo più perentorio. Non avrei più voluto tornarmene su…. Un angolo iniziatico, un talismano.

  6. Triste aggiornamento. Ora la zona è mostruosamente intaccata dai lavori per il nuovo binario Capodistria-Divaccia. La segnaletica che tu avevi visto in occasione di quella mitica esplorazione, allora illeggibile negli intenti, era purtroppo funzionale allo sciagurato progetto. Usando percorsi alternativi o residuali mi sono avvicinato allo sfacelo fino a poterlo toccare con mano. Il trauma mi ha finora tenuto lontano (più di un anno è trascorso) dalla zona, ma penso di aver raccolto il coraggio sufficiente per tornarci. La parete a gradoni e blocchi dovrebbe essere ancora intatta, anche se attorniata dall’abominio fatto dalle macchine assetate di morte. Vedremo. Con ancora maggior tristezza penso alla tua osservazione sul “progetto europeo”….

    • Pur sapendo, rimando la visita dei luoghi.
      Mi sforzo di pensare ai lavori finiti, con i cantieri sbaraccati e magari 3 o 5 anni di giungla, muffe e fango che si riappropiano del sito. Se non erro, sarà un ponte-galleria….
      Questa mappa mostra le entrate ed uscite di tutti i cantieri:
      http://www.drugitir.si/en/second-track/map

      L’idea di una via crucis tappa per tappa è quasi presa…

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