Al cospetto delle Giulie

PRIMO STEP: ricerca di lunga e isolata discesa attorno alla quale creare il contesto per un giro in montagna. Il sentiero CAI 647 che sale da Mincigos in Val Dogna e arriva a Forcella Cuel Tarond è quello che fa al caso nostro. Ovviamente è il verso contrario che ci interessa, 700 mt di dislivello negativo su ex mulattiera di guerra tra mughi e boschi di pino e larice per 3 km abbondanti di lunghezza. Le ottime recensioni dei pochi che lo hanno percorso parlano di discesa 10 e lode, di imbarazzante bellezza… basta e avanza!
SECONDO STEP: come raggiungere la forcella? Immaginando la discesa come centro di un tour ad anello, la salita da Pietratagliata verso Malga Poccet e quindi verso sella Bieliga è il naturale approccio. La scoperta che nei pressi del Rifugio Berda parte una disastrata mulattiera dismessa, di difficile individuazione, tra schianti di alberi e frane recenti con pendenza media del 17% provoca una certa emozione. Trovata la bretella di raccordo! Le pessime recensioni dei pochi che la hanno percorsa rafforzano la convinzione che è il nostro passaggio ideale.
TERZO STEP: ok… va bene… nella malaugurata ipotesi di terreno veramente impraticabile bisogna attivare il piano B. La recente nascita del sito viedifuga-mtb.it è una fonte inesauribile di informazioni per casi come questo. La mappa scaricata è proprio ciò che ci serve.

Nonostante queste premesse ben 5 cicloescursionisti più o meno consapevoli aderiscono alla proposta di Icefoot.

Da Pontebba a Pietratagliata per la fase di riscaldamento, innalzamento sulla stretta e deserta strada asfaltata che con ampi tornanti in mezzo al bosco porta alla panoramica Malga Poccet posta in posizione strategica dominata dallo Jof di Dogna. Ci siamo elevati di 800 metri, sono le 11, ci meritiamo una favolosa crostata ai frutti di bosco e succo di sambuco.

Mentre VaiVai scatta la foto, Ucio si isola cercando di capire dove ha sbagliato la preparazione alimentare della sera precedente.

Si riparte sempre in salita. L’asfalto si trasforma in sterrato, nei pressi del ricovero Jeluz la vista si apre verso nord sui monti vicini e lontani. La limpida giornata è favorevole al loro riconoscimento.
Ma sarà ai 1700 m della sella di Monte Piccolo che cominceremo ad assaporare la bellezza di ciò che ci circonda. La vetta del versante nord del Montasio svetta incontrastata.

Come gioia pura è l’ambiente solitario e fatato di Malga San Leonardo. Pace e bene fratelli…

La sella Bieliga è punto di svolta e punto informazioni. “Into the wild”…

Siamo finalmente al Rifugio Berda. Oltrepassatolo, una sterrata troppo evidente è chiaramente ingannatrice. Il punto di attacco converte inevitabilmente in un’altra direzione.

Inizia l’avventura e la ricerca, ci sentiamo come Giovani Marmotte al cospetto di sua maestà il bosco. Tecnologia e intuito ci permetteranno di sbrogliare la matassa, lo studio delle linee di livello è fondamentale.

Ma la fatica non si sente e il tempo vola quando si è immersi nella magia. Quando gli strumenti tecnici non danno risposte, l’approccio con gli istinti primordiali prende il sopravvento: “scalando il re della foresta troveremo la via giusta”…

Salire fino in cima al maestoso albero non ha portato ad alcun risultato. Bussola propone di abbracciarlo per risucchiare energia positiva, magari ci sussurra qualcosa. Niente da fare, dobbiamo contare solo sulle nostre forze.

Quando ritroviamo le sbiadite tracce della mulattiera militare inizia il tratto più faticoso. La pendenza si impenna, il tracciato è ostruito da pietre smosse e vari schianti. Ucio e VaiVai sono stoici e tenaci: nonostante per qualche metro riescano addirittura a pedalare, per la maggior parte del tempo devono spingere e oltrepassare ostacoli con le loro pesanti e-bike. Roberta come sempre procede rilassata come stesse gustando un gelato passeggiando a Barcola…

E finalmente, dopo due ore abbondanti servite per avanzare di un chilometro e mezzo e salire di 250 metri, è una grande soddisfazione scorgere i primi resti delle casermette militari. Le creste del Monte Berda (Sechieiz) sono conquistate!

Ci spostiamo sul bordo a strapiombo del versante nord, in lontananza appare la macchia bianca del Grossglockner.

Siamo così presi che quasi ci scordiamo di mangiare. Dopo breve pausa ci spostiamo sul fronte sud alla ricerca della Forcella Cuel Tarond. E da questa parte è il Montasio a farla da padrone.

L’arrivo alla Forcella segna lo spartiacque nel cuore di questa escursione. Le biciclette tra poco torneranno a far scorrerre le ruote in un movimento più naturale e veloce.

Punto di snodo per diverse direzioni è per noi la partenza di una lunga discesa tecnicamente non difficile ma molto lunga e dai mille stretti tornantini.

All’inizio un po’ rocciosa tra i pini mughi, poi dentro il bosco con continui cambi di direzione. Si incrociano altri resti di postazioni militari, punti strategici verso la Val Dogna.

Circa a metà appare il cadregon in pietra affacciato vis-a-vis sul Montasio. Cinci usurpa il trono al sovrano odierno di questa discesa…

…è infatti Bussola, cultore del metodo “Jean Alesi”, che affronta ogni stretta serpentina con leggiadria e precisione tecnica senza quasi mai appoggiare piede a terra. Procediamo con calma, aspettandoci spesso a ricompattare il gruppo, 700 metri di divertentissimo dislivello negativo finiscono in un amen. Arrivati a valle siamo felici ma anche un po’ stanchini.

Giunti quindi in Val Dogna il programma prevede la conquista della sella di Somdogna e del conseguente rifugio Grego. Un’ora abbondante di salita con 500 mt da scalare su asfalto. E’ arcinoto che il popolo friulano non è abituato a far fatica e pensa solo a divertirsi. Ucio e VaiVai lo confermano evitando l’ultima ascesa con la scusa della movida del sabato sera alla quale non possono mancare. Resterà ai quattro triestini l’onere di tirare la carretta, puntando le prue verso l’alto, testardi come muli (in bici).

Un’entusiasta Ucio pregusta una folle notte in balera

Sono quasi le 17, il sole è ancora alto, l’umore è ancora buono, la fine della salita ancora lontana. Superata la prima serie di tornanti ci si ferma per riempire le borracce presso il Plan dai Spadovai, pronti ad affrontare le ultime fatiche. A questo punto ci si sfila, avanzando ognuno con il proprio ritmo, godendo del silenzioso e maestoso paesaggio.

Cinci è severo e cinico. Fotografa Roberta in basso nella valle per poterle poi rinfacciare che per colpa del suo ritardo troveremo il rifugio chiuso. Lei reagisce facendo spallucce e giustamente affermando che stava per superare Bussola diverse volte ma una sorta di rispetto per gli anziani l’ha fatta desistere. Icefoot cerca di stemperare la tensione invitando Bussola a scusarsi per il suo ritmo indecente.

La base della Forcella è luogo di partenza per le salite agli Jof di Miezegnot e di Somdogna, a noi sono sufficienti i cinque minuti che ci separano dal rifugio Grego.
Finalmente davanti a dorati boccali di birra l’armonia si ristabilisce, i biscotti Ringo invece di tagliatelle con i funghi sono comunque molto apprezzati.

Ci immortaliamo sotto il quarto e ultimo Jof di giornata, la luce tende pian pianino a scemare, ci resta non molto tempo per fiondarci in Val Saisera.

Veniamo avvertiti che la sterrata forestale è chiusa per lavori, tocca per forza scendere dal sentiero. Ma quanto ci dispiace!! Dopo 10 ore di bici, con la birra in corpo, il divertimento è assicurato. Ci sono alcuni passaggi tecnici, il sentiero targato S2 è divertente e filante, vorremmo non finisse mai. Verso la fine ci concediamo uno sterratone con tornante e anche se mancano 20 km al raggiungimento di Pontebba possiamo dire che tecnicamente il giro è concluso.

Raggiungiamo Valbruna per strada, imbocchiamo la ciclabile Alpe Adria verso il ritorno. Le luci calano sul fiume Fella e su una splendida avventura cicloescursionistica.

Quattro cavalieri erranti si dirigono orgogliosi verso l’orizzonte.

Ma come? Come sarebbe a dire che è già finito? E’ stato tutto troppo bello… Ricominciamo?



Tutte le foto di questa uscita le trovate nel nostro album su Google Foto

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