Apocalittico Sellaronda Hero

27 giugno 2015

E’ finalmente arrivato il giorno tanto atteso e tanto temuto!
Sveglia alle 5, sì alle 5 perché le donne partono alle 7.30 e mi devo presentare alle 7 alla griglia di partenza.

Patato insieme ad un altro ragazzo che alloggia nel nostro Hotel, da bravi cavalieri, mi accompagnano fino alla linea di partenza.

Le donne come previsto scarseggiano, saremo a occhio una quarantina, e noto che tutte hanno la 29, dovevo immaginarlo. Agitazione alle stelle… io unica o quasi con la 26 convinta di essere troppo tappa per una 29. Siamo griglia 3, davanti a noi i Pro che si contendono il titolo mondiale (come se non mi sentissi già abbastanza fuori posto); lo spettacolo è molto bello, ma dura davvero una frazione di secondo, partiti e già spariti!
Mangio una “cosa” dalla consistenza tremenda e di un colore arancione acceso che dovrebbe darmi carboidrati, vitamine… per migliorare le mie… prestazioni ed evitarmi un collasso già nella prima salita. Speriamo.
Nell’attesa faccio amicizia con una ragazza, che è già il secondo anno che viene e mi racconta un po’ come le è andata l’anno prima, la tensione cala un po’, anche se alcuni suoi commenti mi lasciano un po’ perplessa.
Ci siamo si parte, mi metto nelle retrovie insieme alla mia nuova amica, la Dantercepis ha inizio.
Nel breve tratto asfaltato procediamo insieme chiacchierano di cavolate da donne, ma come inizia lo sterrato inizio già a “porconare”, finisco quasi subito sul lato più sassoso, riesco per miracolo a non scendere dalla bici e rimettermi nella parte buona della careggiata… aiuto, siamo ancora al primo/secondo kilometro. Questo è stato il momento in cui mi sono davvero resa conto che sarebbe stata una giornata lunga, molto lunga… e molto sofferta.
Vabbè ormai non resta che pedalare (se così si può dire), non riesco a stare al passo della ragazza di cui ho già dimenticato il nome e continuo al mio, se si può definire, passo. Vado lentissima, ad una velocità a malapena sufficiente da restare in sella, non so neanche a quanto vado perché il mio contachilometri ha smesso di funzionare al secondo km e non si riprenderà mai per l’intera durata della gara.
Pensavo di avere freddo vista l’ora mattutina, invece sto sudando e non riesco neanche a prendere la borraccia per reintegrare i liquidi, in quanto se allungo la mano adesso credo di cappottarmi.
Iniziano già a sopraggiungere i primi uomini ed inizia il sorpasso selvaggio. Continuo ad avere difficoltà a restare in bici, in alcuni tratti spingo, così riesco anche a bere qualcosa, anche se non mi sento dissetata per niente, ho messo troppa polverina nella borraccia e ho solo voglia di acqua.
Ultimo strappo a piedi e poi sarò su, eccomi… a piedi!

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Piccolo tratto di lieve salita con il pubblico che fa il tifo… wow, fanno il tifo per me! Non ci credo! Mossi a compassione nel vedere una ragazza in mezzo a tanti uomini scatenati, mi incitano, che carini. Devo salire in bici assolutamente! Uno addirittura mi chiama per nome e fischia (il nome era scritto sul pettorale, non è che sono famosa) e mi spinge da dietro per un breve tratto della salita. Cavolo mi sento come i campioni del giro d’Italia!

Arrivo in cima, ma la mia gioia svanisce velocemente! Ho una sete pazzesca, finisco la borraccia e anche tutta la bottiglietta d’acqua che avevo nello zaino ed il mal di testa inizia a farsi sentire. Ho fatto solo 6 km: “Qua xe cazzi brutti!”.
Mi sparo (si fa per dire, visto che mi superano anche qui) giù per la discesa maledetta in cui sono caduta alla prova percorso 2 giorni fa e la faccio senza grossi problemi, mi sembra quasi di divertirmi sulle paraboliche della PS2 (per rendere le cose semplici la prima discesa verso Corvara corrisponde ad una delle PS Enduro della gara di domenica), il giorno prima non ci avrei mai sperato. Addirittura la tipa davanti a me mi sembra vada troppo piano e mi rallenta. Non faccio nemmeno in tempo a pensarlo che da dietro, un paio di uomini iniziano a insultarla per la sua lentezza. Ma siete davvero antipatici e prepotenti! Finchè a metà discesa si sposta e li fa passare. Io resto davanti, non me ne frega niente, ‘sti buzzurri che purghino!

Ma eccoci a Corvara, il mio umore sta calando di brutto, ho mal di testa, fame e sete. Mi avvento al banchetto del ristoro. Cibo, liquidi, sali minerali e Coca Cola per placare l’emicrania. Mi fermo più del previsto, finchè il carburante non inizia a fare effetto e si attenua il mal di testa.
Riparto chiedendomi se Patato è partito ed a che punto sia.

La prima “rampa” verso Pralongià mi uccide psicologicamente.
Non vedo più neanche una donna, sono tutte più avanti avendo perso tempo al ristoro e quelle che erano dietro a me (2 o 3 ce n’erano prima) non le vedo mica arrivare, in realtà non le ho mai viste nemmeno al ristoro ed ero là per un bel po’. Ah ecco una donna, che scende con la bici a mano nel prato… mi sa che sta tornando indietro… non è un buon segno. Quindi le altre più indietro? Si saranno già ritirate, vuol dire che è tardi? In effetti, guardo l’orologio (almeno quello funziona) e sono in ritardo rispetto a quello che speravo. Qui ormai ci sono solo uomini tutti con la 29 (continua il mio complesso da 26) e mi sembrano anche parecchio allenati.
Continuo a salire nella bolgia, con gente che mi supera a destra e a manca. Anche qui spingo in alcuni tratti, come molti altri concorrenti; in effetti si fa fatica anche ad andare su a piedi… mi sa che sono nel punto a pendenza >26% che tanto mi spaventava dal grafico del tracciato, e avevo ragione ad preoccuparmi!
Momento di crisi. Arriverò mai in fondo??? Mi ritiro?
Accosto un attimo, bevo un po’ e prendo fiato. Vedo nel mucchio 2 facce conosciute: sono i 2 ragazzi del tavolo a fianco al nostro in hotel! Mi salutano allegri e mi chiedono come va e se è già passato mio moroso. “Come fanno a stare così bene?”.
Partivano 10 minuti prima di Fabio e mi hanno raggiunto, quindi tra un po’ arriverà anche lui e magari proseguiamo insieme! Mi sento sollevata! Secondo i miei calcoli e considerato che mangia parecchio, potrebbe essere al ristoro!

E’ quasi un’emergenza, sono sfatta e demoralizzata. Sì lo chiamo! Mi risponde, quasi non me l’aspettavo:
“Dove sei?”
“Quasi a Corvara, ma go rotto tutto!”
Fulmine a ciel sereno… sereno neanche tanto, e io che speravo arrivassimo insieme, mi sento ancora peggio e super dispiaciuta, già mi immagino l’incazzatura galattica che si è preso. Inaspettatamente sembra relativamente tranquillo e mi sprona a proseguire, saprò in seguito del lancio della bici nelle frasche! Decido di provare ad arrivare a Campolongo entro il primo cancello, sennò mi dice che ci dovrebbe essere un pulmino ad Arabba per chi non ce la fa, la cosa mi rassicura.
La seconda parte verso Pralongià è quasi scorrevole, in un giro normale direi che ci sono salite, ma in confronto a prima è quasi piacevole, il tratto nel bosco poi è perfino divertente! Ormai mi sono rassegnata a spingere in tutti i tratti in cui sento dolori alle gambe e credo sia la mossa giusta perché non ho più bisogno di pause. L’arrivo a San Cassiano è bellissimo, riconosco Piz Sorega dove spesso veniamo a sciare in inverno ed i vari rifugi in cui reintegriamo le calorie con bombardini e dolcetti.
Da qui si prosegue verso Campolongo, percorso piacevole, ho quasi il passo degli altri, qualcuno mi supera, ma ormai ci ho fatto l’abitudine, passo il cancello con 2 ore di anticipo (ormai posso solo puntare a stare nel tempo limite, se penso al mio tempo è meglio che lascio stare) e sono quasi subito ad Arabba!
Sembra quasi un miraggio ma eccolo: il secondo ristoro! Cibo! Acqua, sali minerali e anche qui Coca Cola, mai bevuta tanta Coca Cola in vita mia, mi serve una botta di vita. Anche qui mi fermo parecchio, ormai sono in gita, la gara è per gli altri! Chiacchiero con gli altri concorrenti, c’è gente simpatica e devo dire che essendo quasi l’unica donna sono molto gentili con me, mi danno indicazioni sulla prossima salita e decido di proseguire la mia corsa contro il tempo (cioè finire in tempo utile).
Chiamo Patato per aggiornarlo e farmi aggiornare: è ancora a Corvara dove non si è visto il meccanico, dice di aver parlato con Peter Hungaldier che gli manda un mezzo a prenderlo, mah… avrò capito bene?)
Ricaricata di nuova energia, i ristori mi offrono cibo in abbondanza, riparto.
La salita in effetti è pedalabile come mi avevano detto, ma le mie gambe sono a pezzi, se aumenta di poco la pendenza già mi fanno malissimo, quindi mi trovo a spingere anche in alcuni pezzi altrimenti fattibili. Sono messa male, ma vedo anche altri (uomini tra l’altro) in stati pietosi, si prosegue chiacchierando nei tratti a spinta e si guarda anche il panorama (stupendo) oltre alla ghiaia per terra.
Per fortuna arriva il tanto atteso tratto d’asfalto, non avrei mai pensato di apprezzare così tanto l’odiato bitume; finalmente si pedala, tutti incolonnati e a un ritmo tranquillo, raggiungiamo la cima del Passo Pordoi.
Qui veniamo superati dal alcuni baldanzosi ciclisti di strada in allenamento che ci salutano allegramente, mi sa che se la ridono a vedere ‘sto branco di sfatti in MTB su per il Passo.
Non manca il pubblico e la solidarietà femminile delle donne a bordo strada!
Ce la posso fare ad arrivare in fondo, sì dai che ce la faccio, ormai sono oltre metà, morta ma oltre metà!
Scollino ed inizia la discesa verso Schiavegnis, la faccio quasi tutta in bici, dalle mie informazioni doveva essere parecchio impestata, ma me la cavo incredibilmente bene! Sarà la disperazione?
Terzo ristoro, mangio tutto quello che trovo, compreso una specie di pane dolce con gocce di cioccolato super cugnoso, che faccio addirittura fatica a deglutire. Gambe spaccate… mi concentro sulla reintegrazione liquidi e solidi… poi si penserà. In fondo anche se faccio a piedi tutta l’ultima salita riesco a mantenere una media di 3,5 km/h in su, poi dopo Passo Sella è tutta discesa e recupero, sì è fattibile.
Riparto per l’ultimo tratto in discesa prima della salita al Passo, eccolo il pezzo impestato… radici, ingorghi, gradoni. Si va piano, a tratti si scende bici a mano (e puntavo a recuperare in discesa…) cerco di stare in sella il più possibile, anche in tratti in cui non so se è proprio il caso, seguo il flusso, finchè non mi cappotto a musata su un gradone. Poco male, sono intera e apparentemente anche il mezzo. In due vengono a soccorrermi e uno sembra preoccupato, ma davvero non mi sono fatta niente. Comunque devo dire sono stati molto gentili, mossi dalla pietà probabilmente.
Eccoci alla fine, inizia l’ultima salita. Si cammina, e non sono l’unica, qua camminano praticamente tutti. Ormai mi hanno superato in migliaia, sono nel gruppo degli scartoni e inizio a sentirmi a mio agio!
Si prosegue a piedi, gente si distende sull’erba a prendere fiato, si chiacchiera… beh adesso è gita… peccato solo che sia trekking, con scarpe assolutamente non idonee, e bici appresso.
Tra i vari personaggi mi attacca bottone persino un tipo in inglese, ma ti pare che mi tocca in ‘sta situazione anche sostenere una conversazione in inglese?! Comunque il simpatico tizio, originario della North Carolina, ne ha di voglia di parlare, mi dice che vive temporaneamente in nord Europa e che si trova qui per errore… credo non immaginasse si trovarsi a sburtar la bici per più di un’ora su per i muri… comunque poi inizia anche ad apprezzare i panorami e bla bla bla, buh e chi lo ascolta più.
Dopo credo un’ora e mezza di allegra passeggiata siamo finalmente in cima al Passo Sella. Si risale in bici; ma le gambe chi le sente più?!

Una serie di sali scendi. Che goduria… e vedo la città dei Sassi e, con lei, il miraggio dell’ultima discesa. Sono emozionata, sto arrivando alla fine. Anche di questo luogo ho vari ricordi sugli sci con i Sassi innevati, il panorama estivo e altrettanto bello, ma che fatica incredibile… noo si sale ancora fino al rifugio Comici… e chi se lo ricordava, la salita è breve, quasi non la calcolavo, ma in questo momento vorrei lanciare la bici in un fosso.
Nel frattempo il meteo peggiora, passo il Comici con vari nuvoloni neri sulla testa e finalmente la tanto sognata ULTIMA DISCESA!
Ma non è poi così rilassante… il tracciato non è difficile, ma nasconde qualche insidia e la stanchezza si fa sentire (già da un bel po’); sento ogni sobbalzo (e ghe ne xe de piere) nei muscoli delle gambe ormai doloranti, mai cantare vittoria troppo presto!
Faccio una breve pausa per non rischiare la vita in un tratto tecnico e devo essere veramente messa male perché dal bosco sbuca un tizio che vuole offrirmi un panino! Rifiuto gentilmente, preferendo un pezzetto di barretta energetica, più veloce da mangiare e che mi ricarica quel minimo per proseguire fino all’arrivo.

Ora non scendo più dalla bici! Sono davvero stufa e voglio solo arrivare in fondo prima del diluvio! Non ho nemmeno voglia di tirare fuori il K-Way dallo zaino, poi figuriamoci se Fabio, che mi aspetta e valle, se l’è portato il K-Way! Già me lo immagino tutto inzuppato!

Mi lancio e non mi fermo più, male, stanca e stufa arrivo finalmente al tratto con le panchine che conduce in paese, ultima curvetta e asfalto pianeggiante, qua le gambe funzionano bene, potrei quasi fare ancora qualche km così sul dritto, ma per fortuna non serve!

Ecco l’arrivo! Passo la mitica scritta “YOU ARE A HERO” tanto amata e fotografata dai “famosi ‘taliani esaltati”! E’ finita! Non ci credo! Io, ultima pippa della MTB, che fino ad un anno fa andavo solo in ciclabile e il Cocusso mi sembrava già un’impresa, ho finito il Sellaronda Hero! E come dice qualcuno che conosco: “Se vuoi, puoi!”.

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Ma in realtà in questo momento non me ne frega niente! Sono solo stanchissima e cerco il Patato tra la folla…
Mi appioppano roba in mano, asciugamano, bibite… buh… Eccolo! Patatooo!
E giusto un attimo prima del diluvio! Come volevasi dimostrare, Patato è senza K-Way.
Riparati sotto una tettoia il nostro pensiero va ai ragazzi della lunga che si trovano ancora al passo Duron (la sera a cena il vicino di tavolo ci allieterà col racconto del suo quasi assideramento).
Appena molla un attimo corriamo al meritato pasta party, dove Patato mi racconta le sue vicissitudini pre e post rottura, comprensive di birrette consolatorie con un gruppo di locali in bar da Inga.

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Per la cronaca:
Sellaronda Hero 60 km terminato in 9 ore e 32’ : tempo pessimo, ultima di categoria, penultima donne, freno anteriore bici non funzionante (…e non me ne ero nemmeno accorta…)
Patato ritirato a Corvara: rotto deragliatore posteriore, catena, deragliatore anteriore, cambio, un raggio del cerchio posteriore e spero basta
Morale della favola: il prossimo anno tocca tornare, il Patato deve completare il percorso e in fondo sto ultimo posto mi ruga!
Ma voglio una 29 front!

 

Sellaronda Hero Patato style:
Dopo aver visto  la partenza dei professionisti e di Spoletta mi dirigo verso la mia griglia… che casualmente e’ la numero 13 (giudicate poi voi se porta fortuna o altro) capisco subito che sarò una giornata dura dal fatto che ancora prima di partire la sacca idrica del mio zaino cede e inonda la mia schiena di acqua, mi aggiro come se non accadesse nulla mentre gli altri corridori gentilmente mi fanno notare che “perdo acqua”…
8.30 partenza mi consolo ammirando la madrina dell’evento e mi avvio ad affrontare la prima salita… definirla una bolgia dantesca e’ poco, gente che impreca in varie lingue, chi sfatto si ferma a bordo strada e chi ancora non riuscendo più a staccare i piedi dai pedali frana rovinosamente trascinando con se gli altri sventurati… praticamente la Dantercepies diventa l’immagine della sofferenza!
Dopo un’ora arrivo in cima e mi fiondo giù per la discesa… mi sento bene e sorpasso anche altri corridori… ultimi momenti di gloria, sempre un corridore (spero non lo stesso della partenza) mi fa notare a fine discesa che la mia catena striscia a terra… striscia a terra??? Non riesco neanche a realizzare cosa stia succedendo(molla del deragliatore posteriore andata) che la catena si infila tra l’ultimo pacco pignoni e la ruota posteriore.

Sento solo un crack e la bici che si intraversa!!!!!!THE END

Mestamente mi trascino fino a Corvara… capendo che per la bici non ce nulla da fare e, grazie ad un passaggio scroccato ai pompieri del luogo, raggiungo il punto di ristoro, dal quale con un auto di due radioamatori presenti sul percorso per servizio riesco a tornare a Selva… non prima però di aver fatto tappa per il rifugio dove lavora la sorella di uno dei miei soccorritori  per scolarmi una bella birra.
Resoconto : più di 700 metri di dislivello in 5km, un rientro in macchina e una birra da Inga.

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Ma questa Sellaronda Hero non doveva durare 60 km con oltre 3000 di dislivello???

Spoletta
Spoletta
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