In salita e in discesa, in bici e non solo...
No stress on Cres
3-6 aprile 2015
Ore 0.30: rapida check-list mentale: fascette da elettricista, 2 ombrelli Ikea, aquilone da viaggio….
Ore 7.00: sveglia, colazione e fuga in macchina.
Solo a Valbiska, sull’isola di Krk-Veglia, siamo sicuri di avercela fatta. Consegnati i bimbi ai nonni con loro grande felicità, Sabina ed io con 2 veterane d’acciaio ci imbarchiamo sul traghetto verso Cres-Cherso.
Mi sento veramente in vacanza appena il vento inizia a frustarmi la faccia.
Il natante brulica di veneti e tedeschi, ma le nostre strade si dividono immediatamente. Giunti sull’isola, a Merag siamo i soli a girare a destra verso il paesino. Sulla mappa, una traccia a zig zag sale ripida verso la cresta. Sarà pedalabile? Che l’avventura abbia inizio…
L’asfalto finisce, ma la corazzatura in pietra ci dà ragione… la strada doveva essere un tempo il principale collegamento tra Merag e la citta di Cherso. Saliamo pedalando e spingendo.
Dopo poco scopriamo il cimitero più piccolo del mondo.
La salita prosegue, con gran soddisfazione. Dall’alto mare-pecore-cielo sono lo sfondo perfetto.
Raggiunto l’asfalto, a pranzo siamo a Cherso.
Troppo presto per l’albergo e per il market, ancora chiusi. In bici visitiamo in lungo e in largo tutta la baia ed i suoi 4 fari.
Pane e pancetta in riva al mare sono quanto di meglio potessimo immaginare.
In bici, le strette calli della città vecchia sono una vera sfida… la città è pulita e curata, ma vera e vissuta, lontana dalle scenografie leccate di alcune mete più note.
L’albergo Kimen è perfetto. A cena conosciamo Patrizia (ex Carnia Bike) ed Alessandro, assatanato ciclista da strada. Ci organizziamo per salire l’indomani a piedi il Televrin (588 metri).
Il tempo promette pioggia, ma il cervello è drogato dalla più stupefacente colazione a buffet che abbia mai visto. Impossibile provare tutto quel ben di Dio: frittata normale e con asparagi, formaggi, salami, strudel di ricotta e di mele, succo di carota, cetrioli… Sabina, dopo aver scelto l’insalata russa, cipollotto e peperoni, mangia soddisfatta sotto agli occhi sgranati dei nostri nuovi amici.
Arriviamo ad Ossero in macchina. La strada verso il rifugio e la cima è tutta pedalabile (nota per il futuro), ma noi, a piedi, imbocchiamo le scorciatoie più ripide.
Inizia a piovigginare, non smetterà fino a sera. Gli ombrelli fanno il loro dovere.
Patrizia, appena operata al ginocchio, ci lascia a 2/3 per l’asciutto rifugio ed in cima arriviamo in 3. Dopo le foto di rito, Alessandro ci saluta… con Patrizia voleva vedere Lussino in giornata.
Rimasti soli, iniziamo a percorrere la parte più emozionante della cresta. Superata l’antenna sommitale e la grotta di San Gaudenzio, arriviamo alla chiesetta di San Nicola.
La piccola costruzione è perfetta per il cambio dei vestiti bagnati ed il veloce pranzo. La dorsale verso Lussino sembra la schiena di un serpente preistorico. Il sentiero in discesa non è banale… Anzi, è anche un po’ pericoloso con la pioggia ed i sassi taglienti.
Altre 2 ore vissute in iper-ossigenazione.
Il brivido finale è dato dalla corsa verso la fermata dell’autobus, per non perderlo e rischiare altre 3 ore a Neresine con i vestiti fradici. Per 7 euro a testa (orpo!) il piccolo bus ci scorazza per tutte le frazioni dell’isola. 1 ora e mezza dopo siamo all’albergo, infreddoliti ed affamati. Seguono 2 ore di black-out mentale sotto le calde coperte.
Al mattino, il buffet ci ipnotizza per la seconda volta… con dispiacere lasciamo l’albergo che tanto ci ha viziato. Salutiamo Patrizia ed Alessandro ed alla prima curva, la bora ci sbarra la strada. Oggi non piove, ma il cielo è scuro, con raffiche potenti. Decidiamo di spostarci ad ovest per essere protetti dall’orografia dell’isola. Iniziamo una lunga ciclabile, dichiarata tale dalle mappe turistiche… ma da subito non sembra adatta alle famiglie: salita ripida tra gli ulivi, slalom tra le pietre. La strada è infinita.
Scopro che il portapacchi non è fissato al telaio… chissà da quanto ho perso un dado. Con una fascetta da elettricista il problema è risolto.
Abbandonata l’idea di scendere a Valun, puntiamo verso il museo delle pecore di Lubenice; la salita è lunga… Cherso non perdona.
La bora è a 1.000 km/h… Affamati (oggi è Pasqua), puntiamo alla famosa Gostilna del paese… ho l’acquolina per il piatto di “Fegato e polmone di agnello con polenta casalinga”, ma non ci sono più posti… tutti occupati da veneti.
Ci accontentiamo di un misero panino, protetti nella corte della simpatica “signora Maria”, una dei pochi abitanti del paese, tutti ultrasettantenni.
Galvanizzati dall’esperienza lubenicesca, affrontiamo la seconda tratta della giornata… una lunga strada sterrata che scorre parallela al lago di Cherso.
Le pecore non mancano, il vento sì… in questa conca naturale, sembra primavera inoltrata… La terra è davvero avara: le cipolle crescono tra le pietre.
Il tempo migliora ed il Televrin, conquistato il giorno prima, si mostra dinnanzi a noi. Veloce visita a bunker militari ed imbocchiamo la strada asfaltata tutta in discesa verso Martinscica.
Rimpiangiamo i fasti del Kimen appena entriamo nella nostra nuova camera d’albergo…
Prima di cena (che ci risolleverà il morale), approfittiamo di una camminata lungo mare al campeggio di Martiscica, che alla fine scopriamo essere stato costruito ATTACCATO al cimitero, a due antenne ed alla discarica del paese.
Scostate le tende, il sole mattutino ci sorride… ed anche il vento sogghigna! Entro le 15.00 dobbiamo raggiungere il traghetto. Ci attende la chiusura del giro circolare antiorario, con tratti sulla pericolosa strada statale chersina… Ma è Pasquetta anche per i turisti in macchina.
Ad Orlec cerchiamo i Grifoni, ma troviamo solo sfere metalliche metafisiche…
Qualche buontempone ha dato un po’ di profondità al piatto cartello che ricorda l’area ornitologica protetta.
A pranzo siamo di nuovo a Cherso, dove la nostra panetteria preferita ci offre burek al formaggio e pizza.
E’ il momento di attaccare l’unica strada verso Merag… approfittando della pausa pranzo dei vacanzieri, affrontiamo la strada che sulla carta sembra pericolosa.
Guadagnamo km su km senza vedere macchine, solo allo scoccare delle 14.00 sentiamo i rombi dei motori ed orde di turisti ci superano tra tornanti e bora. Incrociamo due cicloturisti americani in senso opposto. Incrociamo anche un tedesco vestito di nero su una recumbent nera… praticamente una bara con le ruote.
Al porto, la fila è kilometrica, non tutti ce la faranno a salire al primo turno. Noi, in bici, superiamo tutti e ci godiamo soddisfatti due caffè al bar.
La bora del ritorno ci mette allegria. Solo l’aquilone da viaggio si è salvato dallo strapazzamento…
Questa è la seconda esperienza quarnerina dopo la Pasqua 2014 passata pedalando a Rab.
Qui potete rileggere il resoconto.
Il reportage fotografico completo è visibile su Google Foto.
Primo giorno
Max elevation: 298 m
Total climbing: 586 m
Total time: 01:24:06
Secondo giorno
Max elevation: 588 m
Total climbing: 977 m
Total time: 01:02:25
Terzo giorno
Max elevation: 410 m
Total climbing: 1521 m
Total time: 02:47:53
Quarto giorno
Max elevation: 334 m
Total climbing: 1554 m
Total time: 02:58:04
Tutte le foto di questa uscita le trovate nel nostro album su Google Foto