In salita e in discesa, in bici e non solo...

Settimana bianca alternativa
14-21 febbraio 2015
Quando si porta la famiglia in vacanza sugli sci… bisogna trovare qualcosa di alternativo da fare se il ginocchio non permette più il binomio scarponi+sci!
Così, mentre le villeggianti utilizzano il candido manto per scivolare rapide tra piste blu-rosse-nere, curve carving, salti e scuola sci, non mi resta altro che sfruttare il territorio innevato in diverso modo… due ruote artigliate (Nobby Nic+Hans Dampf), abbigliamento termico e pedalare…
Due punti stimolavano da un po’ il mio interesse: il rifugio Nordio-Deffar, recentemente ricostruito, in fondo alla val Uque sopra ad Ugovizza, poco prima della Sella di Lon (confine con l’Austria) ed il rifugio Zacchi, sopra ai laghi di Fusine tra Mangart e Ponza Grande.
Lunedì 16 febbraio 2015
Si inizia con l’ascesa al rifugio Nordio-Deffar. Lascio le mie donne sulle piste e scendo veloce da Tarvisio verso Ugovizza e da qui inizio a salire “rapidamente” (eufemismo) lungo la strada asfaltata che ripida si inerpica lungo il torrente Uque verso la località “Il Cristo” che avevo già raggiunto un paio di giorni prima e dove avevo trovato 3 discese interessanti lungo il sentiero per escursionisti.
Proseguo fino all’Osteria del Camoscio (1136 m) ed da qui fino ad un ampio piazzale innevato/ghiacciato dove finalmente termina la strada bituminosa ed inizia uno tracciato ben coperto di neve (e in parte di ghiaccio) che inizia a salire con vari tornanti verso la meta finale.
Una coppia a piedi mi incita mentre la sorpasso; lo sforzo per la salita è ripagato dalla bellezza di neve e ghiaccio che ammantano il paesaggio circostante.
Ed ecco lassù il rifugio. Ultima rampa, ultime pedalate e finalmente l’ascesa è finita e i 1400 m del rifugio Nordio-Deffar sono raggiunti in meno di 2 ore.
Non rimane che ammirare il panorama, gustare un thè caldo, chiaccherando con i gestori cordiali e prepararsi per la discesa, pregustando la variante “Il Cristo”.
Foto di rito del mezzo biruotato e si scende. La strada innevata tiene bene ed in pochi minuti sono di nuovo su asfalto con velocità media di 34 km/h… al Cristo scendo lungo il sentiero coperto di neve (goduria), incrocio nuovamente la strada un paio di curve più in basso, ancora sentiero tra gradini in pietra e solchi dell’acqua, fino a sbucare proprio sopra Ugovizza. E da qui l’ultimo tratto lungo un sentiero a gradoni, per tagliare il tornante, fino ad arrivare alla presa dell’acquedotto dove un infido tubo in PVC mi taglia la strada, lo scavalco con l’anteriore, ma la ruota posteriore bagnata perde la presa e mi fa perdere il controllo… mi trovo per terra con una bella “chiappata” sul cemento! Nessun danno, solo l’orgoglio ferito, mi rialzo e sono pronto a ripartire per Tarvisio dove le mie donne mi aspettano (in realtà le aspetterò io) per andare a mangiare…
Martedì 17 febbraio 2015
Per dimenticare la “botta di culo” del lunedì e con la voglia di nuova conquista, non mi rimane che ripartire verso il rifugio Zacchi.
Dal posteggio sotto ai campi da sci di Tarvisio, decido di seguire la ciclabile AlpeAdria che dal centro del paese mi porta lungo la vecchia sede ferroviaria fino alla stazione di Boscoverde, con alternanze di asfalto, neve e ghiaccio. Dopo un breve excursus stradale, inizia la vera e propria ciclabile, senza la presenza di mezzi motorizzati, che anzi diventa una vera e propria pista di sci di fondo abbastanza ben battuta a partire da Villabassa fino a Fusine, dove la vallata si apre e si incontrano un po’ di sciatori+sciatrici che mi osservano tra il perplesso ed il divertito…
Non resta che arrivare ai laghi di Fusine; il posteggio del lago superiore segna 948 m slm e da qui inizia la salita che porta ai 1380 m del rifugio Zacchi. La strada, completamente coperta di neve, è ben battuta con tracce di motoslitta, sci, slittini, bob, scarponi, ciaspe e ramponi, un compendio insomma di tutte le orme umane che possiamo trovare sui terreni innevati… e allora segnamoli anche con le tracce dei pneumatici della mountain bike!
Lungo il tragitto incontro sciatori, camminatori con cani giocattoloni, famiglie con figli bob-dotati, qualcuno devia per il sentiero diretto (troppo nevoso per me, valuto l’impossibilità di usarlo per il ritorno), ma molti salgono per la strada principale. La neve ha un grip ottimale, solo nei tornanti è un po’ più molle (me ne devo ricordare al ritorno…), si sale con ritmo costante senza perdere pedalate, anche se sembra non finire mai.
Guardando giù in basso si iniziano a vedere i laghi, distanti, ma lassù invece le nuvole sono grigie e plumbee e ricoprono parte delle creste attorno. Arriverà la neve?
Ancora un paio di tornanti e nel cielo si aprono le nubi e sprazzi di sereno incorniciano le cime, ma il rifugio ancora non si vede.
Un ultimo strappo, un piccolo tratto di discesa ed eccolo là finalmente appare quale sacra visione… ultime pedalate ed il rifugio Zacchi è conquistato! Un San Bernardo pacioso mi annusa, le persone osservano la bici, fanno i complimenti, si informano sulla pressione degli pneumatici e sulla loro tenuta sulla neve.
Quale giusto trofeo non resta che concedermi una buona fetta di strudel di mele ed un thè al mirtillo, prima di prepararmi per la discesa, lasciandomi scaldare dal sole che oramai l’ha avuta vinta sulle nuvole.
Stringo lo zaino, abbasso un po’ la sella, saluto gli umani presenti (il San Bernardo è già sceso di corsa dietro al padrone-sciatore) e mi lancio in discesa… mi sembra di essere veloce su questa neve… butto l’occhio sul tachimetro ed in effetti sto andando a 25 km/h!
Figata! Arrivano i primi tornanti, rallento coscienziosamente al primo, ma già al secondo… piede interno giù, colpetto di freno posteriore, derapata e leggero controsterzo… Fighissimo!!!
Il San Bernardo ed il suo padrone, gentilissimi si mettono a lato e mi fanno passare. E allora mi lascio portare dalla pendenza e alla fine vedo che ho raggiunto i 35 km/h con sicurezza e divertimento, tanto che arrivo al piazzale con il sorriso stampato sul viso, tipico dei BAB (Bambini Alti in Bici).
Ultimo sguardo alle cime attorno e veloce ritorno via asfalto (anti-kazziatonen) verso dove sono atteso…
19 febbraio 2015
Poscolle, mmh… Poscolle… Tre confini… Proviamo!
Lungo la strada per Fusine ho spesso visto il cartello Tre Confini con il simbolo di passeggiata abbinato all’indicazione per Poscolle, allora perchè non andarci. A Villabassa prendo un strada che devia da quella per il valico e inizia ad inerpicarsi su un rilievo verso est, un po’ ombrosa, ma comunque pulita dalla neve. Con buon ritmo si sale fino all’abitato di Poscolle, che scopro esser composto da circa 5 case quasi tutte disabitate.
Ma il GPS mi segnala che la strada prosegue diritta e dovrebbe permettermi di arrivare fino al monte Forno, punto di triplo confine, Italia-Austria-Slovenia.
Si, magari! Ancora pochi metri e la strada sparisce, coperta da 20-30 cm di neve…
Va beh, proviamo a proseguire lungo le tracce battute dai pneumatici di un trattore, che però ben presto segnano un 360° (dietro-front), lasciando solo spazio ad orme di ciaspe… Sono in una zona dove ruderi di installazioni militari riportano al passato di un Friuli Venezia Giulia terra di confine, primo baluardo occidentale contro il possibile invasore rosso…
Non è possibile proseguire oltre, ma posso però perdere tempo a fare un po’ di foto…
La vacanza è stata proprio bella per tutti, anche grazie alle giornate soleggiate: grandi sciate per le mie donne ed obiettivi ciclistici raggiunti per me!
Tutte le foto di questa uscita le trovate nel nostro album su Google Foto