Ma che bello che è il Cuarnan

Bello e completo: piacevole in salita, panoramico in vetta, adrenalinico in discesa.

Colpevolmente trascurato nelle nostre innumerevoli scorribande NAR tra Friuli e Slovenia, rimediamo oggi con meteo e condizioni ideali. Cinci, Ucio e Vaivai rispondono presente alla proposta di Icefoot.

Lasciamo le auto nei pressi della stazione di Gemona; le deliziose brioches del bar adiacente sono un ottimo preludio. Qualche chilometro di lineare ciclabile serve per carburare e prendere il giusto ritmo.

E poi tornanti in salita, infiniti tornanti asfaltati, assolutamente non fastidiosi.
Di fastidioso c’è solo il cartello che troviamo a bordo carreggiata: “Malga Cuarnan chiusa”
Si sale nell’ombra, strada deserta, qualche furgone che trasporta parapendisti che ritroveremo molto più in alto.

Il “duesenza” detta il ritmo, il “duecon” lo stabilizza.

L’asfalto si trasforma in compatta sterrata due drittoni e una curva prima dell’arrivo presso la malga.
Infine l’erta si impenna un po’, andando a completare i quasi 1000 metri di dislivello.

Sbuchiamo nel pianoro sotto la cima dove la vista si apre sulla pianura friulana e dove numerosi parapendii sono pronti a librarsi in volo.

C’è quindi chi si lancia in aria per poi volare giù e chi vuole andare ancora più su.
Il nostro obiettivo sono i 1372 metri della Chiesetta del Redentore, posta sul cocuzzolo del Cuarnan.

Portage? Sburtan? Bikefree?
“La terza che hai detto”

Decidiamo di non inerpicarci su sentiero montano con le bici in spalla (Osterning docet).
Ucio e Vaivai restano alla base di decollo e al controllo mezzi.
Icefoot e Cinci si arrampicano alleggeriti e con passo spedito.

Lungo la via si passa accanto il lussuoso bivacco Pischiutti.

Ancora una rampetta e siamo nei pressi della chiesetta, fieramente adagiata sulla panoramica vetta.

Il sentiero che in cresta continua verso est è spettacolare, affrontarlo in bici non sarebbe roba per deboli di cuore.

E’ ora di fare dietrofront verso ovest, i compagni friulani ci stanno aspettando.

Raggiunti i quali, scatta l’ora della terza fase: PS1! Adrenalina!

Riscendiamo alla malga purtroppo chiusa, la scavalliamo, raggiungiamo la forcella, ci bardiamo di tutto punto.

Con in testa le raccomandazioni e le utili dritte dei “local” Gigi e Medioman, siamo pronti a cominciare la discesa.

Andiamo ad affrontare un sentiero nel bosco molto vario e parecchio stretto, comunque filante, ma sempre bisognoso di assoluta concentrazione. Il terreno è in ottime condizioni, radici asciutte ma sempre potenzialmente insidiose.

Icefoot fa da apripista riuscendo a domare due bei passaggi tecnici, Vaivai chiude in coda.
L’esposizione a destra fa a pugni con la tranquillità di Cinci, per fortuna si esaurisce nella parte superiore. Ucio tenta di cappottare ma non ci riesce.

Dopo il ponte sulla frana, più o meno consapevolmente abbandoniamo la traccia PS1 e proseguiamo sulla “Petonade” o “Gobbe Trail” che dir si voglia. Traccia molto filante che invita a correre, ogni tanto un po’ di ghiaino, meglio rallentare, ma troppo piano non va bene. Soprattutto quando ti trovi su un gradone cieco, cosa ci sarà dall’altra parte?
Siamo in ballo, balliamo… il ritmo è quello giusto, un urletto liberatorio accompagna la riuscita dell’ardito passaggio.

Due teutonici in partenza e tre lungo i trail sono le uniche presenze dueruotistiche che abbiamo incrociato.

La sterrata che sale a sella Sant’Agnese e che ci si para davanti alla fine della entusiasmante discesa non dà adito a dubbi sul proseguire del giro.

Siamo troppo gasati per finire qui la giornata. In sella verso la Sella, dove decideremo cosa fare.

La spina della fontana abbevera gli assetati ma non è predisposta a ricaricare le batterie degli elettrificati. Quella di Ucio, almeno stavolta, ha dato tutto.

A sella Sant’Agnese ci affidiamo a San Trailforks che ci regala l’ultima chicca di giornata.
Le tracce denominate “Scalini” e Sant’AgneseDH1″ ci regalano le ultime emozioni di una giornata da incorniciare, sparandoci a valle per tratti filanti e divertenti.

Le birre che ci scoleremo nel bar già battezzato di mattina possono dirsi, anche stavolta, ampiamente meritate.


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