Ciasut dal Sior

Bussola ha l’intuizione. Cosa meglio della piramide di Cheope per riprendere l’attività dopo la pausa estiva? Per uno che ha appena lottato con i leoni nella Savana e attraversato il mar Egeo a nuoto sono evidenti quisquilie.

Odermat è disconnesso.
Cinci è debilitato.
Icefoot è prudente ed esperto.
Bussola è pieno di birra in corpo… ma è quella sbagliata.

E nonostante le previsioni di imminenti inondazioni in Val Alba, quattro polletti iniziano l’avventura in quel di Resiutta.

I primi otto chilometri fungono da riscaldamento e connessione.
Entrambe le cose vengono fallite dal cagionevole cadorino.

La connessione con Pradis segna invece l’inizio di una scoperta veramente inaspettata: la suggestiva bellezza della Riserva Naturale della Val Alba.

Nel nostro incedere attraversiamo boschi estremamente curati e silenziosi. Il clima è gradevole, non incrociamo praticamente nessuno. Si aprono scorci che deliziano la vista e aiutano l’ascesa.

I due con la vocale davanti davanti, i due con la consonante davanti dietro.

Per arrivare al vertice della piramide ci aspettano circa 1400 metri di dislivello positivo, gli ultimi 400 da goduria. I primi mille alternano perlopiù strada asfaltata a rampe cementate, con breve innesto di sterrata nella conca nei pressi del bellissimo Rifugio Vualt.

Collocato in posizione strategica, ne approfittiamo per pausa merenda e riempimento borracce.

Si riparte per raggiungere il definitivo punto di svolta per l’assetto da salita.
Come una conclamata star dello spettacolo, Bussola si fa attendere per un arrivo da protagonista.

L’ex ricovero militare è curatissimo nelle sue notevoli dimensioni.

L’idilliaco quadretto di famiglia è inconsapevole di ciò che lo aspetta.

Due chilometri lineari, quattrocento metri di dislivello positivo, un’ora di salita a spinta.
Non una passeggiata di salute ma quanto necessario per raggiungere l’obiettivo prefissato.

E accolti da un picchetto d’onore e da una nebbiolina fantozziana, il Cjasut dal Sior viene finalmente conquistato!

I villici ci offrono un pezzo di gubana, Bussola offre le sue membra a madre terra, gli altri seguono la freccia per il belvedere.

I prati delle malghe Glazzat alta e bassa sullo sfondo sbloccano ricordi abbastanza recenti.

Dopo essersi riposati e nutriti siamo pronti a ripartire per la seconda fase del giro odierno.
Come ribadito da convocazione in chat, il consiglio di portarsi protezioni per la discesa viene ampiamente raccolto. Pronti per la discesa

Dordolla è a 600 mt slm e il sentiero CAI 422 ce la farà raggiungere con una perdita di 1100 metri di quota.

La discesa non è mai particolarmente tecnica, ma nella prima parte è abbastanza esposta.
Ghiaino, qualche sasso, tornanti secchi. Che se calcoli male potresti restar secco.
Quindi prudenza ed esperienza, esperienza e prudenza…

Almeno fino quando si entra nel bosco dove finalmente si molla tutto! Male che vada c’è sempre un albero a fermarti. La traccia è filante, i tornanti si alternano a tratti veloci in un sentiero perfetto che invoglia a correre. Verso metà discesa aumentano anche i passaggi più tecnici, ci si aspetta per ricompattarci e per attraversare qualche tratto franato.

La traccia sembra non finire mai e questo ci rende sempre più euforici.
E al momento, tutti sani e salvi.

Fino a quando Dordolla, con i suoi vicoli e le sue viuzze strette, si palesa ai nostri occhi.

La birra nel bar del paese è ampiamente meritata.
Bussola è ringalluzzito e sfida Icefoot in uno one-to-one a basket nel sagrato della Chiesa.
Il legnoso serboportoricano nulla può contro l’agile Icefontecchio!

Dopo un animato scambio di opinioni con la local legend di Dordolla, prendiamo la decisione di seguire il programma previsto. Risalita per lo più sburtan verso Virgulins per proseguire su asfalto all’imbocco del Troi del Checo.

La traccia che porta a Grauzaria è corta ma bella tecnica ed insidiosa. Il ritmo è buono, si superano passaggi con sicurezza. Ed in questa danza del trenino, ad una certa, Odermat decide di saltare fuori dai binari. Avrà visto dei funghi o gli sarà partita la solita connessione, fatto sta che lui e bici fanno un bel volo per fortuna senza troppe conseguenze.

I fine giro sono sempre insidiosi ma tutto è bene quel che finisce bene.

Arrivati a valle non ci resta che prendere la via del ritorno verso Moggio e Resiutta, buttare un occhio lassù sulle montagne dove qualche ora fa ci eravamo arrampicati e andare alla ricerca del giusto luogo dove brindare all’ennesima avventura ampiamente riuscita.


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