In salita e in discesa, in bici e non solo...

Highlanders – Nanos
19 aprile 2015
“Come preannunciato qualche tempo fa propongo di andare e tornare dal Nanos in giornata”, iniziò così in una mattina del 30 marzo un’idea di conquista, lanciata da Patoco, bocciata da vari MIB mentre al contempo altri facevano gli gnorri non degnandosi di rispondere…
Ma chi la dura la vince e così, nonostante sabato 11 aprile Patoco sia stato manipolato a cambiare meta verso la Rabotnica, il 19 aprile, complice l’appoggio incondizionato di un Duracell all’ennesima potenza, non ha sentito ragioni.
I consensi sempre pochi, ma con l’aggiunta di un Cinci che ormai, dopo lo sciopero di cui ha tanto parlato, sentiva il dovere morale di aggregarsi, soprattutto dopo l’imprevista nevicata di questi giorni che offriva un sapore magico all’impresa.
A San Giuseppe si forma già un gruppo abbondante ed all’osservatorio astronomico si conta la presenza di ben 10 MIBs: a Lokev il gruppo Nanos ha sete di conquista e deve abbandonare il gruppo No-Nanos… il sottoscritto, nel limbo dell’indecisione, si fa inglobare dall’entusiasmo dei pedalatori.
Da Lokev si sale in direzione Stari Tabor, si scende a Povir, Storje, si arriva a Vrabce in un battibaleno… e subito giù a Podnanos, dove vediamo curiose architetture del luogo e ci dirigiamo verso l’inizio della salita.
Spogliarello d’obbligo in ottica salita, pausa ristoratrice alla fontana ma l’entusiasmo è alto e si arriva presto alla Lovska Koca, dove troviamo un solitario biker sloveno con bici da DH. Da questo rifugio, aguzzando la vista verso lo Stari Tabor, notiamo sulla classica pietra sporgente di questo monte la maglia blu di Bussola che ci sta indicando!!
Visto il vantaggio della bici superleggera di Patoco, che stando al sito Specialized “va su da sola anche se non hai gambe”, Cinci prova una nuova tecnica alleggerente abbandonando lo zaino per strada, ma lo sgamiamo e glielo facciamo recuperare: siamo pronti per l’attacco finale, quello che, già sappiamo, pagheremo a caro prezzo sulla strada del ritorno.
I panorami innevati che si vedono dalla strada sterrata però hanno un effetto adrenalinico e con slalom tecnici per evitare le traiettorie più cariche di neve, affrontiamo con coraggio le micidiali rampe del Nanos.
Le rampe terminano e si arriva in mezzo ai boschi innevati, che percorriamo con il morale ormai alle stelle, arrivando a coppiette e congratulandoci per aver conquistato la nostra meta!
Pausa ristoratrice in rifugio, quattro commensali a tavola più la presenza tessile del marito di Tatjana, di cui abbiamo apprezzato la giacchetta dimenticata in rifugio: Tatjana, che ha chiamato il cellulare per recuperarlo, si deve scontrare con un inglese-patocchiano dove la perla è “We are in the refugee”… Più patocchiano di così!!! (anche secondo google… non vuol dire rifugio!!).
Pieni di gnocchi, birra, coca e dolci, dopo circa un’ora e mezza ci concediamo qualche foto per documentare la nostra presenza in vetta e per bagnarci i piedi camminando nella neve fresca (pessima idea). Cinci entusiasta dall’idea di pedalare nella neve alta ma “grippante” cerca di persuadere ciascuno di noi a fare lo stesso… io gli vado dietro senza pensarci, Patoco e Duracell stanno invece più attenti a tenere i piedi asciutti (non necessariamente ottenendo il risultato sperato)… Patoco se ne sarebbe restato volentieri nella piccola conca panoramica incavata sul costone del Nanos.
Ci si lancia giù alla velocità della luce (tranne il sottoscritto, affetto da sindrome da prudenza acuta) e raggiunta la fontana pieni di voglie esplorative sperimentiamo nuovi sterrati che si diramano dal tornante: alcuni passaggi carini si alternano a pietraie maledette, ma intanto lo spirito di conoscenza si è arricchito e sappiamo che per una prossima volta lì vicino si respira aria di singletrack.
Da Podnanos sperimentiamo tutti per la prima volta una strada che corre in valle, parallela al fiume, per evitare la statale ed arrivare a Razdrto: la tranquillità dell’ambiente (saranno passate 5 macchine in 7 chilometri di strada), il fiume accanto, la strada stretta, ci da una vera sensazione di montagna… la strada però appare troppo pianeggiante per permetterci di fare 400 metri di dislivello che ci separano dalla meta ed il Cinci esprime terribili profezie: la paura di ramponi assassini e di tornanti aleggia su di noi… e così avviene, con il gps di Patoco che testimonia spesso pendenze fluttuanti tra il 20% e 24%.
Raggiunto Razdrto e presa coscienza che nel corso della giornata un Nanos splendidamente innevato si è radicalmente trasformato in un Nanos per niente innevato, non resta altro che fare un ritorno su asfalto passando per Senozece, Divaca, Basovizza e poi ciascuno alle rispettive abitazioni.
Risultato finale per me 116 km, per tutti gli altri circa 120 o poco più, dislivello circa 2700+.
Ho preso atto che nei 60 km di ritorno nessuno ha fatto mezza foto… troppa stanchezza o troppo agonismo? Chi sa, sa!
Tutte le foto di questa uscita le trovate nel nostro album su Google Foto
[…] Lo scopriremo solo con il loro reportage… […]
Bellissimo!!! Muli, gavé pistoni al posto dele gambe!! Bravissimi.
Gavessi solo savù che ghe jera la Lasko ed i gnocchi in cima…
E bravo Maverik, bel resoconto dettagliato. A parte che ora indagherò sull’etimologia del termine “refugee”.
Per la prossima seguiremo il consiglio del Cinci: Vienna da casa.
Preparo la traccia 😀
Respect.
Ciao a tutti. Sono un biker di Trieste solitario…..posso unirmi al gruppo?…. Mi piacerebbe uscire con voi.
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